Diritto di recesso dei soci e concorso alla deliberazione: la Corte di Cassazione si esprime sull’ interpretazione dell’art. 2437 del codice civile
- Dicembre 1, 2025
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La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30133 del 14 novembre 2025, si è pronunciata in materia di diritto di recesso del socio che “non ha concorso alle deliberazioni”, e dunque sull’interpretazione dell’articolo 2437, comma 1, del codice civile. La decisione affronta il quesito sulla portata del termine normativo “concorso” nel contesto di operazioni societarie articolate in plurime fasi e tra loro indissolubilmente collegate. La Suprema Corte, partendo da una digressione normativa che riepiloga i cambiamenti apportati dalla riforma legislativa del 2003, sostiene che l’attuale art. 2437, comma 1 c.c. adotta adesso una formula più ampia e riconosce il diritto di recesso ai “soci che non hanno concorso alle deliberazioni”, così rimuovendo le obiezioni di carattere letterale alla legittimazione dei soci assenti astenuti (sia nel caso di astensione volontaria sia in quello di astensione obbligatoria) e di quelli privi del diritto di voto. Parimenti, la Corte avvalora la tesi che non sia più sostenibile l’assunto secondo cui il recesso societario costituisce un istituto avente carattere eccezionale.
La Corte, poi, nulla appunta sul fatto che il diritto di recesso vada riconosciuto sia ai soci assenti all’assemblea che ha adottato una deliberazione ricomprese tra quelle di cui al comma 1 dell’art. 2437 cod. civ., sia ai soci presenti a detta assemblea ma dissenzienti rispetto al contenuto di tale deliberazione, sia, infine, ai soci astenutisi in quella sede, non hanno concorso alla deliberazione stessa, sicché ad essi va riconosciuto il diritto di recesso. Si domanda però se questa sia l’unica ipotesi cui deve intendersi riferita la disposizione in esame oppure se la norma suddetta, stante il venir meno della natura eccezionale del recesso del socio, possa trovare concreta applicazione, in virtù di una sua interpretazione estensiva, anche in un’altra fattispecie.
Il principio di diritto sancito dall’organo di nomofilachia statuisce che, in presenza di un’operazione complessa, il “concorso alla deliberazione” non si esaurisce nel solo voto esplicitato in ambito assembleare finale, bensì si estende all’intera gamma degli atti preparatori e necessari, realizzati dal socio, precludendo il diritto di recesso a chi abbia concorso ab origine alla realizzazione dell’operazione, pure se assente, dissenziente, ovvero astenuto, alla delibera conclusiva. Nelle parole degli Ermellini si legge, invero, che: “Non è affatto irragionevole, poi, affermare che il termine “concorso” all’adozione di una deliberazione assembleare assuma, necessariamente, una portata diversa (e, ancora una volta, più ampia) rispetto a quella di “votare” a favore di una determinata deliberazione. Nella semantica del codice civile, infatti, una norma quale l’art. 1227 cod. civ. (“concorso del fatto colposo del creditore”) chiarisce come il “concorrere” sia da riferire al “cagionare”. Nel significato di “concorrere”, pertanto, devono essere comprese anche quelle attività propedeutiche che si siano risolte in un decisivo apporto causale rispetto alla successiva deliberazione, perché essenziali ed inscindibilmente legate a quest’ultima”.
Ne consegue che, nel caso in cui la deliberazione sia un fatto compiuto, isolatamente e di per sé considerato, il recesso è riconosciuto ai soci assenti all’assemblea che ha adottato la delibera, nonché a quelli presenti ma dissenzienti o astenuti. Se invece la deliberazione sia stata il programmato esito finale alla luce di articolazioni in cui l’una sia stata il presupposto dell’altra, ossia l’ultimo atto compiuto a seguito di operazioni più “complesse”, inscindibilmente legate, che abbiano portato all’oggetto deliberato, già conosciuto dai soci, il diritto di recesso non è ritenuto spettante a quei soci che abbiano manifestato il proprio consenso agli atti/accadimenti afferenti alla suddetta complessa operazione. Si tratta, quindi, di un “concorso” che incide direttamente sulla causa dell’operazione complessivamente stabilita ab origine e successivamente compiuta, risolvendosi in una interdipendenza funzionale dei diversi atti e/o avvenimenti, in cui quella operazione si è articolata, rivolta a realizzare una finalità pratica unitaria. In altre parole, si è di fronte ad un meccanismo attraverso il quale tutti i soggetti coinvolti intendono perseguire “un risultato economico unitario e complesso, che viene realizzato non per mezzo di un singolo atto ma attraverso una pluralità coordinata di atti e/o avvenimenti, i quali, ove pure ciascuno con una propria finalità autonoma, sono tutti volti al raggiungimento dell’unico, e stabilito ab initio, risultato ritenuto satisfattivo degli interessi di tutti quegli stessi soggetti”.
In tale ultima circostanza, il giudice di merito, per stabilire se sussista, o non, quel “concorso alla deliberazione”, deve tenere conto, appunto, della peculiarità e complessità (nel senso precedentemente precisato) della fattispecie sottoposta al suo esame, così valutando se, ed in quali termini, ciascuno dei singoli avvenimenti e/o atti che ne costituiscono la complessiva articolazione debba considerarsi, o meno, effettivamente e necessariamente inserito, causalmente, in una operazione più ampia, all’interno della quale, ognuno di essi costituisca una condicio sine qua non rispetto alla deliberazione il cui oggetto realizzi l’esito finale dell’operazione stessa come ab origine programmato e già conosciuto, appunto fin dall’inizio, dal socio.
Il Team Noverim Legal STA
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