Vendite online: quando scatta l'obbligo fiscale?

Anche chi si presenta come venditore occasionale può incorrere in una tassazione come impresa. La rilevanza fiscale si fonda su abitudinarietà e finalità lucrative, non sul possesso della partita IVA.

Nel contesto digitale attuale, le vendite online hanno assunto un rilievo fiscale sempre più significativo. L’Eurispes, nel rapporto “Il Fisco nel mondo virtuale” pubblicato nell’ottobre 2025, ha lanciato un allarme chiaro: senza regole precise e controlli adeguati, il web rischia di trasformarsi in un vero e proprio paradiso fiscale virtuale.

Il fenomeno dei venditori che operano su marketplace digitali come eBay, Subito.it, Vinted o Wallapop, ha infatti subito un’accelerazione. Molti utenti si presentano come venditori occasionali, ma mettono in piedi vere attività sistematiche e continuative, che rientrano a tutti gli effetti nell’ambito dell’attività commerciale. Di conseguenza, i proventi derivanti da tali operazioni non possono più essere considerati esenti da obblighi fiscali.

Il principio chiave è che, affinché una vendita non generi un reddito imponibile, deve trattarsi di un’operazione realmente saltuaria e priva di finalità speculative. Non conta il valore dell’oggetto ceduto né il fatto che si tratti di un bene personale. Conta invece l’intento con cui l’attività viene svolta, la frequenza delle vendite, la durata nel tempo e il volume delle transazioni.

Sotto il profilo fiscale, l’attività assume rilevanza nel momento in cui viene esercitata con continuità. L’art. 55 del TUIR definisce reddito d’impresa quello derivante dall’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività indicate nell’art. 2195 c.c. È quindi irrilevante l’eventuale assenza di un’organizzazione autonoma, così come non è determinante il possesso di una partita IVA.

La giurisprudenza ha confermato questo principio. Con la sentenza n. 7552/2025, la Corte di Cassazione ha stabilito che anche un soggetto privo di partita IVA può essere considerato un imprenditore ai fini fiscali, se svolge in modo abituale e sistematico vendite online. Il requisito dell’abitualità è sufficiente a configurare un’attività d’impresa, a prescindere dalla forma giuridica adottata.

Anche soggetti che operano come privati, se effettuano numerose vendite, con regolarità e per un periodo prolungato, possono rientrare nell’ambito della tassazione come impresa. In questi casi, non è necessario dimostrare l’intento imprenditoriale: basta che l’attività non sia occasionale. L’Agenzia delle Entrate può quindi procedere a una riqualificazione del reddito prodotto, con le conseguenti implicazioni tributarie.

Dal 2023, l’Amministrazione finanziaria ha a disposizione uno strumento in più: il sistema di scambio automatico delle informazioni introdotto dalla direttiva DAC 7, recepita in Italia con il D.Lgs. n. 32/2023. Questo provvedimento consente ai gestori delle piattaforme digitali di comunicare all’Agenzia delle Entrate i dati relativi agli utenti che effettuano operazioni rilevanti.

Le informazioni acquisite includono i dati identificativi dei venditori, il numero delle transazioni effettuate e i corrispettivi percepiti. Non è richiesto che l’attività abbia carattere transfrontaliero, né che il soggetto sia formalmente un professionista.

Sono esonerati dall’obbligo di comunicazione solo i cosiddetti “piccoli inserzionisti”, ovvero chi ha effettuato meno di 30 operazioni nell’anno e ha percepito un ammontare complessivo non superiore a 2.000 euro. Tuttavia, il superamento di tali soglie non implica automaticamente l’imposizione fiscale, ma può attivare verifiche per accertare la reale natura dell’attività.

Il principio resta quello della sostanza economica. L’Agenzia delle Entrate non guarda tanto alla forma con cui viene esercitata l’attività (se come hobby, svuotamento dell’armadio o piccolo commercio), ma alla ripetitività, alla durata e alla struttura con cui viene svolta.

Chi vende online deve quindi prestare attenzione. Presentarsi come venditore occasionale non basta. Se l’attività diventa abituale, i ricavi devono essere dichiarati come redditi d’impresa. In caso contrario, si rischia una contestazione per evasione fiscale, con sanzioni e obbligo di regolarizzazione.

In sintesi, la linea di demarcazione tra attività occasionale e attività d’impresa non è solo formale ma sostanziale. Anche un privato può diventare, fiscalmente, un imprenditore. E oggi, grazie ai nuovi strumenti normativi e tecnologici, l’Agenzia delle Entrate ha accesso a tutte le informazioni per accertarlo.

Il Team Noverim Legal STA
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