Esterovestizione e IVA: la sede effettiva prevale su quella legale
Le pronunce della Cassazione ribadiscono che la localizzazione dell’attività economica e gestionale incide anche sul trattamento IVA. La sede legale non basta a spostare la rilevanza territoriale dell’operazione.
- Novembre 12, 2025
- Categories: Archivio, Finanza aziendale, Fiscalità

Il tema dell’esterovestizione torna sotto la lente della giurisprudenza, questa volta con effetti che travalicano il perimetro dell’imposizione diretta e coinvolgono l’ambito dell’IVA. Con una serie di sentenze depositate il 20 giugno 2025 (nn. 16605, 16606, 16607 e 16609), la Corte di Cassazione ha chiarito che, ai fini IVA, la sede effettiva di una società prevale su quella legale, se da essa risulta il reale centro decisionale e operativo dell’attività.
Il caso riguardava una società formalmente residente a San Marino, che effettuava acquisti da un fornitore italiano. Quest’ultimo aveva applicato il regime di non imponibilità IVA previsto per le esportazioni, ai sensi degli artt. 8 e 71 del DPR 633/1972, trattandosi — almeno in apparenza — di una cessione verso un soggetto extra-UE.
Tuttavia, nel corso del contenzioso è emerso che la direzione effettiva della società sammarinese era collocata in Italia e che i beni, formalmente destinati a San Marino, erano in realtà immessi nel mercato italiano. L’Agenzia delle Entrate ha dunque contestato la qualificazione dell’operazione come non imponibile, in quanto non sussistevano i presupposti oggettivi e soggettivi per configurarla come esportazione.
La Corte ha confermato l’impostazione dell’Amministrazione Finanziaria. Ai sensi dell’art. 7, lett. d), del DPR 633/72, per i soggetti diversi dalle persone fisiche, la residenza IVA va individuata nella sede effettiva dell’attività economica, cioè nel luogo in cui vengono assunte le decisioni strategiche e dove si svolgono le funzioni di direzione generale. La sede legale, di per sé, non basta.
Questo principio era già stato espresso dalla Corte di Giustizia UE (causa C-73/06), che considera prevalente il criterio della sede operativa, intesa come il luogo dove si adotta la governance effettiva e si concentrano le attività amministrative. La Cassazione si è uniformata a tale orientamento, sottolineando che, anche in ambito IVA, la sostanza prevale sulla forma.
Nonostante il concetto di esterovestizione sia di matrice reddituale — ai sensi dell’art. 73, comma 3, del TUIR — la giurisprudenza ha esteso l’efficacia dell’accertamento della sede effettiva anche al campo dell’imposta sul valore aggiunto. La circostanza che una società sia gestita e operi concretamente dall’Italia comporta, quindi, che anche l’operazione attiva o passiva debba essere considerata territorialmente rilevante nel nostro Paese, con conseguente applicazione dell’IVA.
Nel caso specifico, essendo il cedente e il cessionario entrambi stabiliti in Italia, non poteva applicarsi il regime di non imponibilità. Ne deriva l’obbligo per il fornitore di assoggettare l’operazione all’IVA nazionale, con tutte le conseguenze sanzionatorie in caso di omissione.
La Cassazione ha tuttavia ribadito che tale estensione non implica una sovrapposizione automatica tra la residenza fiscale ai fini delle imposte dirette e quella ai fini IVA. È necessario un accertamento di fatto, fondato su elementi concreti, che dimostrino lo svolgimento dell’attività in Italia. Quando tali elementi sussistono, il criterio formale della sede legale perde efficacia.
In una precedente sentenza (n. 23842 del 25 agosto 2025), la Suprema Corte aveva invece escluso l’esterovestizione per una società con sede a Madeira, ritenendo non provato lo svolgimento della direzione effettiva in Italia. Il criterio della sede “di fatto” richiede quindi un’istruttoria sostanziale e non si può presumere.
L’impatto operativo di queste pronunce è rilevante. Le società estere che agiscono sul mercato italiano devono prestare attenzione alla localizzazione effettiva della propria attività, perché l’Agenzia delle Entrate potrà riqualificare le operazioni, non solo ai fini delle imposte sui redditi, ma anche ai fini IVA. L’apparente collocazione estera potrebbe non bastare a escludere l’imponibilità in Italia.
In conclusione, la giurisprudenza riafferma il principio della prevalenza della realtà economica sulla forma giuridica. Anche in materia di IVA, la localizzazione effettiva dell’attività resta il punto di riferimento per determinare la territorialità delle operazioni. Una società che opera, decide e vende in Italia sarà trattata come soggetto stabilito nel territorio, indipendentemente dalla sede legale formalmente dichiarata all’estero.
Il Team Noverim Legal STA
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