Il diniego opposto dall’Amministrazione finanziaria all’istanza di autotutela osta alla presentazione di ulteriori domande di riesame in autotutela tributaria
- Dicembre 15, 2025
- Categories: Archivio, Finanza aziendale, Fiscalità

In tema di ricorso avverso il diniego di autotutela tributaria, la categoria degli atti impugnabili ha subito un ampliamento a norma dell’art. 19 del D.Lgs. 546/92, modificato a seguito del D.Lgs. 2019/2023. È difatti possibile l’impugnazione sia del diniego espresso sia del rifiuto tacito all’autotutela obbligatoria ex art. 10 quater L. 212/2000; sia del solo rifiuto espresso all’autotutela facoltativa prevista ai sensi del successivo art. 10 quinquies.
Un punto dolente sulla questione concerne, tuttavia, la definizione del quantum di domande di autotutele che possano ritenersi ammissibili al fine di generare un atto impugnabile anche nella forma del silenzio rifiuto.
In altre parole, ci si chiede se, a fronte dell’opposizione di diniego da parte dell’Amministrazione finanziaria ad una prima istanza di autotutela, il contribuente possa presentarne una seconda. La CGT I di Udine n. 139/2025 ha risposto negativamente in tal senso, a prescindere dal fatto che una seconda istanza di riesame in autotutela possa proporre nuovi motivi rilevanti per la questione contestata.
A parere della Corte, infatti, deve ritenersi che l’esercizio della facoltà di richiedere l’autotutela all’Amministrazione debba sottostare al principio di correttezza e leale collaborazione di entrambe le parti e, dunque, si configuri necessariamente come uno strumento “one shot” posto in capo al contribuente, finalizzato a sollecitare l’Agenzia delle Entrate a emendare un atto affetto da un macroscopico difetto, immediatamente rilevabile ictu oculi senza la necessità di un vaglio giudiziale approfondito all’esito di un contenzioso. È altrettanto evidente che l’esercizio di tale facoltà, essendo orientata al pubblico interesse, non potrebbe essere utilizzata per scopi diversi, quali la procrastinazione dell’attuazione della pretesa tributaria o l’aggiramento di termini processuali stabiliti a pena di decadenza né potrebbe essere reiterata dal contribuente riproponendo le medesime questioni già vagliate dall’Amministrazione, essendo la facoltà rimessa al contribuente di stimolare l’intervento in autotutela dell’Agenzia delle Entrate uno strumento di natura sollecitatoria che, una volta azionato, esaurisce la propria funzione.
Nelle parole della Corte si legge che: “Nella fattispecie, invero, la sostanziale identità delle questioni giuridiche sollevate nelle due istanze di autotutela presentate dalla parte ricorrente – quale emerge pianamente dal raffronto tra le medesime – induce a ritenere che l’interesse pubblico al riesame dell’atto impositivo da parte dell’Amministrazione fosse già stato soddisfatto con la prima verifica, risoltasi in un atto di diniego laddove la seconda istanza, meramente riproduttiva della precedente, non appare al contrario sorretta da alcun apprezzabile interesse generale”.
La Corte pertanto, non ha inteso neppure dare peso alla questione della natura “obbligatoria” o meno dell’autotutela nella fattispecie invocata dal ricorrente, con ciò inducendo a ritenere che l’interesse del contribuente a vedere riformata una propria situazione debitoria non conforme alla personale soggezione d’imposta, si esaurisce già nel primo diniego opposto dall’Amministrazione all’istanza di autotutela, con la conseguente inammissibilità di altre domande che potrebbero portare ad una serie indefinita di ricorsi avverso i successivi dinieghi.
Il Team Noverim Legal STA
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