Autoriciclaggio e confisca del prodotto di reato: i chiarimenti della Cassazione sull’art. 648-quater c.p.

In tema di autoriciclaggio, la Corte di Cassazione con sentenza n. 38508/2025 è tornata ad esprimersi sulla nozione di profitto confiscabile, eviscerando sia il tema della confisca sia il tema della qualificazione del prodotto del reato come il frutto delle attività delittuose a fronte del delitto presupposto di bancarotta.

Nel caso di specie, la vertenza involgeva anzitutto la definizione dell’oggetto di confisca e, parimenti, la comprensione di se esso potesse assumere differente estensione o atteggiarsi diversamente in caso di confisca diretta o disposta per equivalente. Per completezza cognitiva si ricorda che nei casi di riciclaggio, reimpiego ed autoriciclaggio, mentre la confisca diretta può riguardare sia il profitto che il prodotto del reato, quella per equivalente può essere estesa anche al prezzo del reato. Ebbene, a tale distinzione la Corte non ha dato rilievo, posto che la confisca per equivalente “assolve ad una funzione che viene rilevata in ragione proprio dell’oggetto che è destinata ad apprendere e non già dell’abito con cui viene vestita”.

Al contrario, la Corte si è maggiormente incentrata sulla chiarezza delle nozioni di prodotto, profitto e prezzo del reato, di cui all’art. 648-quater c.p. Ricostruendo quanto precedentemente dedotto dalle Sezioni Unite, la Suprema Corte ha, infatti, ritenuto di definire prodotto del reato ciò che è il risultato, cioè il frutto che il colpevole ottiene direttamente dalla sua attività illecita, nonché l’intero ammontare ricavato dall’operazione illecita. mentre il profitto è costituito dal lucro, e cioè dal vantaggio economico che si ricava per effetto della commissione del reato, mentre il prezzo rappresenta invece il compenso dato o promesso per indurre, istigare o determinare un altro soggetto a commettere il reato e costituisce, quindi, un fattore che incide esclusivamente sui motivi che hanno spinto l’interessato a commettere il reato (Cfr. Cass. SS.UU., n. 9149 del 3.7.1996, C.S., Rv. 205707 – 01). Illustrando poi una declinazione del provento del reato attraverso il richiamo alla legislazione sovranazionale in tema di confisca, la Corte accerta che ne operi una definizione ampia, certamente comprensiva non solo del profitto ma anche di quei beni ed utilità che, pur non essendo di diretta ed immediata derivazione causale dal reato, rappresentano l’investimento del profitto in senso stretto, e dunque di qualunque vantaggio economico derivante dall’illecito.

Per la Corte, dunque, a fronte del delitto presupposto di bancarotta, è senz’altro giusta la sentenza di merito che ha disposto la confisca del prodotto del reato di autoriciclaggio come sopra delineato. Difatti, gli Ermellini ricordano che il reato di autoriciclaggio, al pari del reato di riciclaggio, è fattispecie che protegge l’ordine pubblico economico e mira ad impedire la circolazione nel libero mercato di beni conseguiti a seguito di precedenti operazioni di trasformazione o sostituzione, sicché l’interesse punitivo impone l’eliminazione del frutto dell’operazione di sostituzione o trasformazione dal circuito economico, attraverso la confisca del prodotto del reato e cioè del frutto delle operazioni di sostituzione o trasformazione del bene di origine illecita. 

Di contro, la Corte chiarisce che una delimitazione dell’oggetto della confisca ex art. 648-quater c.p. che si esaurisca nell’utilità conseguita dal riciclatore (o autoriciclatore, come nella specie) finirebbe per porsi come interpretazione abrogante della norma stessa, oltre che per essere scarsamente coerente con l’ordinamento giuridico e con il diritto sovranazionale.

Il Team Noverim Legal STA
(riproduzione riservata)

Ricevi gli approfondimenti direttamente nella tua mail!

Iscriviti alla newsletter!

Contatta i Professionisti NoverimLegal