Rimborsi chilometrici nel mirino del fisco: concorrono al reddito professionale
Per essere esclusi dall’imponibile, i rimborsi devono riflettere spese documentate e analiticamente addebitate al committente. L’Agenzia chiarisce i nuovi criteri applicabili dal 2025.
- Novembre 12, 2025
- Categories: Archivio, Finanza aziendale, Fiscalità

Con la risposta a interpello n. 270 del 2025, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti fondamentali sul trattamento fiscale dei rimborsi spese riconosciuti ai professionisti, in particolare quelli chilometrici, alla luce delle modifiche introdotte dall’art. 5 del D.Lgs. 192/2024 e dall’art. 1 del D.L. 84/2025.
Il nuovo regime, operativo dal periodo d’imposta 2025 e con impatto sul modello Redditi 2026, prevede che non concorrono alla formazione del reddito professionale i rimborsi relativi a spese sostenute dal professionista per l’esecuzione di un incarico, purché addebitate analiticamente in capo al committente [art. 54, comma 2, lett. b), TUIR]. Ciò vale per spese di viaggio, vitto, alloggio e altre connesse all’attività, purché distinte in fattura e non riconducibili alle anticipazioni ex art. 15 TUIR.
Il beneficio fiscale, tuttavia, non opera automaticamente per ogni tipologia di rimborso. Nel caso esaminato dall’Agenzia delle Entrate, l’istanza riguardava rimborsi chilometrici concordati con il committente, calcolati secondo parametri oggettivi e supportati da prospetti riepilogativi. Nonostante l’apparente conformità, l’Amministrazione Finanziaria ha escluso l’applicabilità dell’esclusione dall’imponibile, poiché il rimborso non rifletteva una spesa effettivamente sostenuta e documentata, ma una quantificazione forfettaria basata su tariffe convenzionali.
Ai fini dell’irrilevanza reddituale, è quindi richiesto che:
- la spesa sia sostenuta in relazione diretta all’esecuzione dell’incarico;
- sia indicata separatamente in fattura;
- sia accompagnata da documentazione idonea che ne dimostri l’effettività, la natura e la connessione professionale.
In assenza di questi requisiti, il rimborso va trattato come componente positivo del reddito di lavoro autonomo e, se il committente agisce come sostituto d’imposta, va assoggettato a ritenuta d’acconto ex art. 25, comma 1, del DPR 600/1973.
Una deroga è prevista dall’art. 54, comma 2-bis, TUIR (introdotto dal D.L. 84/2025): anche in presenza di spese effettive, se i rimborsi per vitto, alloggio, viaggi e trasporti interni (taxi o NCC ex L. 21/1992) sono corrisposti in contanti o con modalità non tracciabili, concorrono comunque al reddito del professionista. In parallelo, il nuovo art. 54-ter, comma 5-bis, TUIR prevede che, per essere deducibili, tali spese devono essere sostenute con strumenti di pagamento tracciabili indicati all’art. 23 del D.Lgs. 241/1997 (carte, bonifici, assegni, app come Satispay).
Il principio di fondo è duplice: da un lato evitare che rimborsi “mascherati” rappresentino un incremento occulto del reddito; dall’altro, garantire che, in presenza di costi reali e debitamente provati, non vi sia una doppia penalizzazione fiscale (inclusione nel reddito + esclusione dalla deduzione).
La posizione dell’Agenzia delle Entrate mira a evitare che il rimborso chilometrico, calcolato a forfait e non su base documentale, diventi una forma indiretta di compenso. La distinzione fra rimborso analitico e indennità convenzionale si fa dunque cruciale.
Infine, va ricordato che la tracciabilità del pagamento rileva anche per la deducibilità delle spese in caso di insolvenza del committente, nei limiti e con le modalità previste dagli artt. 54-ter, commi 2-5, TUIR.
In sintesi, per escludere il rimborso chilometrico dall’imponibile professionale non basta indicarlo separatamente in fattura: è necessario provarne l’effettiva sostenibilità, la connessione diretta con l’incarico ricevuto e il pagamento tracciabile. In difetto, l’importo concorre al reddito e va trattato, ai fini fiscali, come componente ordinaria della remunerazione professionale.
Il Team Noverim Legal STA
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