Le dichiarazioni rilasciate in sede di verifica assumono natura di confessione stragiudiziale per il dichiarante, con riserva di valere come indiziarie nei confronti di terzi.
- Ottobre 16, 2025
- Categories: Archivio, Finanza aziendale, Fiscalità

Con ordinanza n. 27306/2025 depositata il 13 ottobre, gli Ermellini sono tornati a pronunciarsi sulla valenza delle dichiarazioni rese dai soci contribuenti in sede di verifica fiscale, affrontando altresì la tematica della prova per presunzioni. La controversia riguardava il caso di un socio di una s.n.c. che, alla presenza dei pubblici ufficiali, aveva dichiarato, in via del tutto atecnica, quale fosse lo stipendio mensile attribuito ai singoli soci, facendo riferimento anche alla tredicesima. Dalle informazioni così raccolte, veniva redatto un processo verbale di constatazione sulla cui base motivazionale l’Agenzia delle Entrate provvedeva a riprendere a tassazione supposti redditi assimilati a quello da lavoro dipendente ex art. 50 TUIR tramite la notifica di avvisi di accertamento. Il ricorso del socio avverso tali atti impositivi era stato accolto dalla Commissione Tributaria Regionale del Veneto, la quale decideva che le dichiarazioni da lui rese trattenessero sostanza di mero indizio e che fossero dunque insufficienti ad esplicare effetti nei confronti degli altri soci che, al contrario, erano rimasti silenti. La sentenza così formata era stata quindi portata al vaglio della Corte di Cassazione dalla controparte costituita dall’Agenzia delle Entrate che denunciava, con unico motivo di doglianza in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 2730 e ss. e 2727 c.c.
Il decisum dell’organo di nomofilachia segue tre corollari.
Il primo riguarda la valenza probatoria del PVC che la C.C. ricorda costituisce atto fidefacente sino a querela di falso, riguardo alla effettività delle operazioni dei verbalizzanti e di quanto accaduto e/o dichiarato alla loro presenza.
Da qui, la seconda quaestio facti riguarda un tema già conosciuto, e peraltro consolidato nella giurisprudenza tributaria. La Suprema Corte riafferma invero che le dichiarazioni rese costituiscono, per chi le ha rilasciate, confessione stragiudiziale e legittimano l’accertamento dell’Ufficio costituendo pertanto prova non già indiziaria, ma diretta del maggior imponibile eventualmente accertato nei confronti della società, per la quale non necessitano, come tale, di ulteriori riscontri. La corte sostiene parimenti che deve escludersi, invece, l’effetto confessorio nei confronti degli altri soci, che non hanno reso analoga dichiarazione, in virtù dei limiti previsti dall’art. 2733 c.c. in ragione del richiamo di cui all’art. 2735 c.c.
In terzo luogo, l’aliquid novi dell’ordinanza consiste invece nel riconoscere che la dichiarazione, pur trattenendo forza di confessione nei confronti del solo soggetto che la rilascia, mantiene comunque una sostanza indiziaria pure nei confronti dei terzi. Difatti, in tema di prova per presunzioni, la Suprema Corte sancisce che: “il giudice, dovendo rendere chiaramente apprezzabile il criterio logico posto alla base della selezione delle risultanze probatorie e del proprio convincimento, è tenuto a seguire un procedimento che si articola in due valutazioni: una analitica degli elementi indiziari per scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e conservare quelli che, presi singolarmente, presentino una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria; una complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati, per accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva, magari non raggiunta con certezza considerandoli atomisticamente. Ne consegue che è censurabile in cassazione la decisione in cui il giudice si sia limitato a negare valore indiziario agli elementi acquisiti in giudizio, senza accertare se essi, quand’anche singolarmente sforniti di valenza indiziaria, non fossero in grado di acquisirla ove valutati nella loro sintesi.”
L’ordinanza in oggetto costituisce pertanto un duplice monito che non solo è rivolto al giudice, al quale spetta il compito di valutare gli indizi nella loro unità per arrivare ad una motivazione rigorosa che sia sorretta da un coerente percorso logico-argomentativo, ma è egualmente esteso nei confronti del contribuente cui si chiede di essere conscio del valore probatorio incisivo delle proprie dichiarazioni, posto che, una volta verbalizzate, nell’eventualità in cui fossero ritrattate, comporterebbero la perdita di un elemento portante dell’istruttoria di causa.
Il Team Noverim Legal STA
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