Rottamazione dei ruoli e processo tributario: la nuova estinzione anticipata

Con l’art. 12-bis del DL 84/2025 il giudizio si estingue dopo la prima rata, ma emergono profili critici di legittimità

Il legislatore, in sede di conversione del DL 84/2025 nella L. 108/2025, ha introdotto una disposizione di interpretazione autentica destinata a incidere profondamente sul processo tributario. Si tratta dell’art. 12-bis del DL 84/2025, norma che chiarisce – e al tempo stesso modifica – l’applicazione dell’art. 1, comma 236, L. 197/2022, relativo agli effetti della rottamazione dei ruoli sui giudizi pendenti.

In origine, la disciplina prevedeva che la sospensione del giudizio fosse subordinata all’effettivo perfezionamento della definizione agevolata, con produzione in giudizio della documentazione attestante il pagamento di tutte le rate dovute. In caso di mancata regolarizzazione, il giudice, su istanza di parte, avrebbe dovuto revocare la sospensione e disporre la prosecuzione del processo.

Con il nuovo art. 12-bis, invece, il quadro si capovolge: il giudice tributario deve dichiarare l’estinzione immediata del processo già a fronte della produzione della documentazione relativa al pagamento della sola prima rata (o dell’unica rata, se previsto). Tale interpretazione è giustificata dal richiamo all’art. 1, comma 235, L. 197/2022, che disciplina la dichiarazione di adesione, e all’art. 1, comma 241, che prevede la comunicazione da parte dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione.

Viene così recepito un orientamento già affermato dalla giurisprudenza di legittimità: la Cassazione, con sentenza n. 24428/2024 e successiva ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite n. 5830/2025, aveva sostenuto che la definizione agevolata si perfeziona con l’accoglimento dell’istanza e non necessariamente con il pagamento integrale di tutte le rate.

Il legislatore ha stabilito che l’estinzione del giudizio produce effetti radicali: tutte le sentenze di merito e i provvedimenti emessi e non passati in giudicato perdono efficacia, mentre le somme già versate – a qualunque titolo – restano acquisite e non possono essere rimborsate.

Questa disciplina, qualificata come “interpretazione autentica”, trova applicazione anche ai processi pendenti e a quelli già sospesi. Ne consegue che la dichiarazione di estinzione può essere richiesta da una delle parti (contribuente, ente impositore o agente della riscossione) e il giudice è tenuto a pronunciarla d’ufficio.

Si apre, tuttavia, un fronte di potenziali criticità costituzionali. Il contribuente che, confidando nella lettera dell’art. 1, comma 236, L. 197/2022, riteneva di poter riprendere il giudizio in caso di mancato pagamento delle rate, si trova ora privato di questa possibilità. L’estinzione anticipata del processo, infatti, determina l’inefficacia di eventuali sentenze favorevoli, senza che vi sia più spazio per la prosecuzione del giudizio.

In tali casi, il contribuente potrebbe opporre reclamo ex art. 28 D.Lgs. 546/1992 o proporre appello, chiedendo al giudice di sollevare questione di legittimità costituzionale per violazione del diritto di difesa e del principio del ne bis in idem.

Il rischio concreto è che, laddove la rottamazione decada per insolvenza, l’agente della riscossione recuperi integralmente la pretesa originaria, mentre il contribuente resti privo di tutela processuale. Si tratta di un effetto che, per la sua rigidità, potrebbe spingere le Corti tributarie a sollevare la questione davanti alla Corte costituzionale.

In conclusione, l’art. 12-bis del DL 84/2025 – pur nato per uniformare prassi e giurisprudenza – ridisegna in modo radicale i rapporti tra definizione agevolata e processo tributario. La sospensione si trasforma in estinzione anticipata, ma il prezzo potrebbe essere un conflitto con i principi costituzionali di tutela giurisdizionale e parità delle parti.

Il Team Noverim Legal STA
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