TFM e congruità economica: criteri giuridici per la deducibilità dell’accantonamento
La Cassazione esclude l’applicazione dell’art. 2120 c.c. agli amministratori. La deducibilità è vincolata alla forma scritta e alla congruità rispetto alla realtà dell’impresa. Giurisprudenza e prassi chiariscono i parametri valutativi da adottare.
- Settembre 10, 2025
- Categories: Archivio, Finanza aziendale, Fiscalità

Il trattamento di fine mandato (TFM) degli amministratori rappresenta un tema di rilevante interesse sia per le imprese che per il fisco, soprattutto in merito alla possibilità di dedurre le quote accantonate. La Corte di Cassazione ha stabilito con fermezza che l’art. 2120 del Codice Civile, relativo al trattamento di fine rapporto (TFR) dei lavoratori subordinati, non può essere applicato per analogia agli amministratori. Non sussiste, infatti, alcuna norma che imponga l’utilizzo del metodo di calcolo previsto per i dipendenti. Tale principio è stato ribadito più volte dalla giurisprudenza, tra cui si ricordano le recenti sentenze n. 18026 e n. 16352 del 2025 della Suprema Corte.
Il riferimento normativo per la deducibilità del TFM si trova nel combinato disposto dell’art. 17, comma 1, lettera c), e dell’art. 105 del TUIR. Secondo questa impostazione, è possibile dedurre le quote accantonate in ciascun esercizio fiscale, purché il diritto all’indennità risulti da un atto scritto con data certa, redatto anteriormente all’inizio del rapporto. Se tale documento manca, la deducibilità può avvenire esclusivamente nell’anno in cui l’indennità viene effettivamente erogata, secondo il principio di cassa.
L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 124/E del 13 ottobre 2017, ha indicato che l’ammontare del TFM deve essere determinato in base a criteri di ragionevolezza e congruità, da valutare alla luce della situazione economica specifica dell’impresa. Non è quindi possibile affidarsi a formule fisse o a percentuali predeterminate: la valutazione deve essere calibrata sulle caratteristiche concrete dell’azienda e sulla funzione svolta dall’amministratore.
Anche la Cassazione ha confermato che l’importo deducibile non deve essere parametrato né al compenso dell’amministratore né al metodo di calcolo previsto per i dipendenti, ma deve piuttosto basarsi su una valutazione prudente della dimensione aziendale e della sua capacità economica complessiva. Questo orientamento ha trovato applicazione in diverse pronunce giurisprudenziali che offrono indicazioni pratiche su come valutare la congruità degli accantonamenti.
Ad esempio, la Commissione Tributaria di II grado della Toscana, con la sentenza n. 1079/1/23 del 31 ottobre 2023, ha giudicato ragionevole un accantonamento annuo di 100.000 euro a fronte di un reddito d’impresa di 300.000 euro, sottolineando come anche un utile civilistico di 55.000 euro possa costituire un parametro non trascurabile. Una valutazione analoga è stata espressa dalla C.T. Reg. Piemonte con la sentenza n. 212/2/22 dell’11 febbraio 2022, che ha ritenuto non sproporzionato un TFM annuale di 150.000 euro, in presenza di un volume d’affari medio di 2 milioni di euro, indipendentemente dal fatto che il compenso dell’amministratore fosse pari a 180.000 euro.
La Corte di Cassazione Penale, nella sentenza n. 28171 del 27 giugno 2019, ha chiarito che il compenso annuale dell’amministratore non costituisce l’unico parametro utile. Devono infatti essere considerati anche il volume d’affari della società e il ruolo concretamente svolto nella gestione. In questo senso, la congruità del TFM deve essere valutata anche in relazione all’apporto effettivo dell’amministratore all’organizzazione e alla crescita dell’impresa.
Altri orientamenti giurisprudenziali hanno cercato di indicare soglie percentuali ragionevoli. La C.G.T. I Reggio Emilia, con sentenza n. 265/1/22 del 19 dicembre 2022, ha ritenuto congruo un accantonamento non superiore al 30% del compenso annuo. Allo stesso modo, la C.T. Reg. Lombardia, nella sentenza n. 5280/18/18 del 3 dicembre 2018, ha validato un accantonamento pari al 20%, valutando positivamente la coerenza dell’importo con le caratteristiche economiche dell’impresa. Il Tribunale di Milano, infine, ha espresso un orientamento più prudente: nella sentenza n. 1938 del 7 marzo 2022 ha considerato congruo un TFM pari al 10% del compenso, in base a un criterio di proporzione e buon senso.
In conclusione, la disciplina fiscale del TFM richiede un approccio attento e documentato. La deducibilità delle quote accantonate è possibile solo se prevista da un atto scritto con data certa anteriore all’inizio del rapporto e se l’importo è determinato in modo proporzionato alla situazione economica dell’impresa. L’assenza di formule predefinite rende fondamentale la valutazione caso per caso, alla luce della giurisprudenza e dei principi di ragionevolezza e congruità stabiliti dall’Agenzia delle Entrate. Un approccio tecnico e prudente consente all’impresa di ottenere il legittimo beneficio fiscale, evitando contestazioni in sede di accertamento tributario.
Il Team Noverim Legal STA
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