Accessi fiscali: nuova disciplina sulla motivazione

ma restano margini di discrezionalità!

Il disegno di legge di conversione del DL 84/2025 introduce, con l’art. 13-bis, un importante aggiornamento nella disciplina degli accessi e delle verifiche fiscali. La novità normativa, all’esame del Senato, mira a colmare almeno parzialmente le lacune evidenziate dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (sentenza n. 36617/18 del 06 febbraio 2025 relativa al caso Italgomme Pneumatici S.r.l. e altri contro Italia – ricorsi nn. 33617 e 33618 -), che ha ritenuto la normativa italiana inadeguata sotto il profilo delle garanzie per il contribuente.

Nella concezione della Corte di Strasburgo, infatti, il modello italiano non risulta conforme alla nozione di “domicilio” come intesa nel quadro delle garanzie previste dalla Convenzione europea, che all’articolo 8 tutela il diritto al rispetto della vita privata e del domicilio. Alla luce dell’interpretazione estensiva che la CEDU opera sul concetto di domicilio, da applicarsi in maniera equipollente sia alla sfera abitativa sia ai luoghi in cui si esercita un’attività economica, la prassi domestica italiana di non richiedere la necessità di motivare in modo esplicito l’autorizzazione per l’accesso a studi professionali e sedi d’impresa si profila in ottica disarmonica rispetto alla giurisprudenza europea.

La nuova disposizione, pertanto, modifica l’art. 12 della L. 212/2000, imponendo che tutti gli accessi, ispezioni e verifiche nei locali destinati ad attività economiche siano motivati da esigenze effettive di indagine, esplicitamente documentate sia nell’atto autorizzativo, che nei verbali. La norma stabilisce inoltre che tali attività debbano svolgersi durante l’orario ordinario di esercizio, salvo casi eccezionali debitamente giustificati, e con modalità che limitino l’impatto operativo per il soggetto verificato.

Il legislatore impone quindi un obbligo formale di motivazione “adeguata ed espressa” delle condizioni che hanno giustificato l’accesso. Tuttavia, non viene introdotta la possibilità di impugnare l’autorizzazione o il verbale di constatazione prima dell’accertamento. Resta ferma l’unica via di tutela: il ricorso contro l’avviso di accertamento, a valle dell’intero iter ispettivo.

Questa impostazione lascia al contribuente un grado di protezione limitato, vincolandolo alla valutazione ex post del giudice tributario sulla legittimità dell’azione accertativa. L’assenza di un meccanismo preventivo di sindacato o contestazione degli atti autorizzativi continua dunque a rappresentare un vulnus nell’architettura delle garanzie procedurali. Si sottolinea in tal modo che, nonostante l’obbligo di motivazione degli accessi costituisca certamente un passo in avanti in termini di trasparenza e responsabilità delle autorità, le relative modalità attuative, gli annessi parametri oggettivi sulle condizioni che giustificano gli accessi e le consequenziali estensioni dei poteri esercitabili dai verificatori durante le ispezioni restano in una zona grigia, non ancora precisamente delineati dall’emendamento.

La nuova norma si applicherà unicamente agli atti redatti dopo l’entrata in vigore della legge di conversione. Il legislatore ha infatti voluto espressamente salvaguardare la validità degli atti pregressi, privi della nuova motivazione, prevenendo la possibilità di contenziosi retroattivi. È tuttavia lapalissiano ammettere che una simile limitazione temporale incoraggia dubbi di legittimità costituzionale, considerando che si verificherebbe una capitis deminutio nella sfera delle tutele poste a favore del cittadino dallo Statuto e dalla CEDU, le quali verrebbero non soltanto eluse, ma anche retroattivamente cancellate. In tale contesto, l’emendamento al decreto fiscale assume vesti contraddittorie: se da un lato sembra voler “sanare” ex post una prassi amministrativa che ha di fatto svuotato la consistenza dell’obbligo di motivazione dell’accesso, quale presidio giuridico del resto già esistente (attraverso lo Statuto, infatti, la tutela è posta dagli artt. 33 del DPR n. 600/1973 e 52 del DPR n. 633/1972), dall’altro appare idoneo a creare ulteriori compressioni dei diritti del contribuente, alimentando nuovi contenziosi, e rendendosi dunque suscettibile di censure di incostituzionalità.

In conclusione, sebbene l’intervento normativo accolga formalmente le indicazioni della Corte EDU, sul piano operativo rimangono irrisolte criticità strutturali quali l’impossibilità di contestare preventivamente gli accessi e la persistenza di una forte discrezionalità da parte dell’Amministrazione fiscale.

Il Team Noverim Legal STA
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