Crediti d’imposta e certificazione tecnica degli investimenti: i chiarimenti del MEF dopo la riforma delle sanzioni
- Luglio 4, 2025
- Categoria: Archivio

In materia di indebita compensazione dei crediti d’imposta, gli ultimi anni sono stati interessati da plurimi interventi normativi rivolti al duplice indirizzo: sia del regolamento attuativo del recupero da parte dell’Amministrazione finanziaria, sia dell’utilizzo in compensazione dei crediti nella loro bipartizione in inesistenti ovvero non spettanti. Su questo ultimo aspetto, il più recente provvedimento legislativo è stato realizzato attraverso la riforma delle sanzioni (i.e. il D.Lgs. 87/2024), le cui novelle normative sono state oggetto di puntuale ridefinizione da parte dal MEF attraverso la pubblicazione di uno specifico atto di indirizzo in data 1° luglio 2025. Trattasi di un documento direttivo lungamente atteso dalle imprese per tre ordini di ragioni: da una parte per via del labile discernimento durevolmente operato dagli Uffizi finanziari sulla qualifica dei crediti all’atto del loro recupero; da un’altra parte, per motivi di certezza sulla valenza dei profili di inesistenza e non spettanza anche sul piano sanzionatorio, ove rileva sia il lato penale sia quello amministrativo tributario, ed in ultimo, ma ancor più significativamente, perché è ufficialmente riconosciuta la fondatezza della certificazione tecnica degli investimenti, quale scudo per i contribuenti ed al contempo strumento di compliance con l’Amministrazione finanziaria.
Con riferimento al primo motivo, l’atto di indirizzo del MEF fornisce indicazioni più precise in materia di inesistenza del credito. Riprendendo, infatti, sia il testo dell’articolo 1, lettera g-quater del D.Lgs. 74/2000, sia l’orientamento della Sentenza n. 34419 del 2023 della Corte Suprema di Cassazione, è data evidenza di come il credito venga ora considerato inesistente sulla base della sola carenza, in tutto in parte, dei requisiti previsti dalla normativa, venendo dunque meno il presupposto della verifica all’esito dei controlli formali o automatici. La nuova definizione si applica anche a situazioni in cui il credito venga creato con artifici documentali o dichiarazioni infedeli, ancorché inserito direttamente nei modelli F24. Di impatto ancora più d’effetto, si permea però il chiarimento offerto in tema di contestazioni dell’inesistenza del credito, le quali risulteranno fondate solo se la fonte normativa di riferimento risulti essere quella primaria istitutiva delle varie tipologie di crediti d’imposta o anche quella secondaria (decreti ministeriali o regolamenti) espressamente richiamata dalla legislazione primaria. Infondate saranno, al contrario, quelle contestazioni basate sui richiami ai manuali tecnici che si qualificano come mere ed eventuali ulteriori fonti di dettaglio di completamento “generico” della disciplina. Quest’ultima specifica non vale, invece, nell’ambito della non spettanza, di cui alla lettera g-quinquies del medesimo decreto, per i c.d. crediti d’imposta sovvenzionali (ad es. i crediti per le attività di R&S, di innovazione tecnologica, design e innovazione estetica), per i quali, le fonti tecniche di dettaglio assumono sostanza di autorevoli matrici.
In relazione al secondo motivo, le ridefinite nozioni risultano valevoli anche in tema di sanzioni tributarie non penali, posto che sul piano amministrativo, l’indebita compensazione è punita, per i crediti inesistenti, nella misura del 70% del loro utilizzo in compensazione, con possibilità di aumento fino al doppio in caso di frode; mentre per i crediti non spettanti, la sanzione è del 25% dell’importo compensato, con possibilità di aggravanti o riduzioni a seconda delle circostanze.
Infine, ma con primaria enfasi, si riporta la fondatezza riconosciuta allo strumento della certificazione rilasciata da parte di “soggetti qualificati, ammessi a sottoscriverla, che attesti la qualificazione tecnica degli investimenti, effettuati o da effettuare, e che riguardi l’attività concretamente realizzata”. L’accento posto su “l’attività concretamente realizzata” è utile ad individuare immediatamente il campo di operatività della certificazione, dal momento che si esclude con sicurezza l’ambito dell’inesistenza del credito. A fare la differenza, è tuttavia il riconoscimento, nell’atto di indirizzo, della possibilità che: se l’impresa interessata, in puro spirito collaborativo, si dota di tale certificazione, allora un eventuale atto, impositivo o sanzionatorio, volto a contestare la fruizione del credito esclusivamente sotto il profilo della qualificazione dell’investimento, potrà essere considerato nullo. Una simile censura comporta, come espressamente verbalizzato dal MEF, importanti implicazioni dal punto di vista giuridico, secondo i principi generali. Il monito, qui, è doppio: da un lato, all’Amministrazione finanziaria è suggerito di non accanirsi sul solo profilo tecnico degli investimenti, posto che i ricorsi dei contribuenti potrebbero essere accolti in successivi contenziosi, o che, alla peggio, potrebbero sfociare nel penale tributario, con severi danni anche reputazionali. Talché, una soluzione potrebbe essere quella di agire in autotutela.
Dall’altro lato, si consiglia al contribuente di avvalersi del canale comunicativo con gli Uffizi finanziari per informare l’amministrazione del conseguimento della certificazione, specie se si considera che essa può essere oggetto di richiesta anche in seguito all’avvenuta effettuazione degli investimenti. Pertanto, certificarsi è sempre possibile, purché le “eventuali violazioni non abbiano già formato oggetto di un processo verbale di constatazione” o, evidentemente, di un atto impositivo.
In conclusione, è pacifico concludere che la riforma abbia segnato un importante passo verso un sistema fiscale più chiaro, trasparente e sicuro. La definizione netta tra crediti inesistenti e non spettanti, l’uniformità delle sanzioni, e l’introduzione della certificazione tecnica rafforzano la lotta contro le frodi fiscali e favoriscono la certezza del diritto.
Tali innovazioni, se ben applicate, possono certamente incentivare una collaborazione più costruttiva tra contribuenti, professionisti e Amministrazione finanziaria, a vantaggio di un fisco più equo e moderno.
Il Team Noverim Legal STA
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