Holding statiche e abuso del diritto: profili critici nella mancata distribuzione degli utili

L’adozione di una holding unipersonale in forma di società di capitali, priva di strutture operative e finalizzata esclusivamente alla detenzione di partecipazioni, rappresenta una scelta perfettamente lecita dal punto di vista civilistico e fiscale. Tale assetto, definito comunemente “holding statica”, consente alla persona fisica di detenere indirettamente le partecipazioni, beneficiando di un regime fiscale più favorevole.

Durante il possesso, i dividendi percepiti dalla holding sono soggetti a tassazione limitata: l’IRES si applica solo sul 5% dell’importo, con un’imposizione effettiva dell’1,2% ai sensi dell’art. 89 del TUIR, rispetto al 26% previsto per le persone fisiche (ritenuta d’imposta ex art. 27, DPR 600/1973). Analogo trattamento agevolato si applica in caso di cessione della partecipazione, ove ricorrano i requisiti per l’applicazione della participation exemption (PEX), come stabilito dall’art. 87 TUIR, in combinato disposto con il D.Lgs. 461/1997 e la Legge 207/2024.

Questi vantaggi sono giustificati dalla natura temporanea del differimento d’imposta: la tassazione viene posticipata al momento in cui gli utili vengono effettivamente distribuiti alla persona fisica, destinatario finale del reddito.

Tuttavia, qualora la distribuzione degli utili venga procrastinata indefinitamente, senza ragioni extrafiscali rilevanti, il beneficio fiscale – pur inizialmente legittimo – può assumere i caratteri di un vantaggio indebito e configurare una fattispecie di abuso del diritto ai sensi dell’art. 10-bis della Legge 212/2000. L’Atto di indirizzo del MEF del 27 febbraio 2025 evidenzia che rientrano nell’ambito dell’abuso anche i casi di differimento fiscale “sine die” o significativamente prolungato, che generano un vantaggio finanziario strutturale.

Non si configura abuso se la società reinveste gli utili percepiti in ulteriori partecipazioni, aziende operative o in asset patrimoniali impiegati in attività economiche anche non imprenditoriali. In tali ipotesi, sussistono motivazioni extrafiscali oggettivamente apprezzabili.

La situazione diventa più problematica quando gli utili sono semplicemente allocati in strumenti finanziari passivi o in gestioni di tesoreria, che una persona fisica potrebbe sottoscrivere direttamente. In tali casi, si rischia di snaturare la funzione del contratto societario, che – secondo l’art. 2247 del Codice Civile – ha come scopo la divisione degli utili tra i soci.

La criticità si acuisce laddove la holding impieghi gli utili per finalità personali del socio (acquisto di beni a uso esclusivo o erogazione di prestiti), aprendo il campo alla contestazione di interposizione fittizia ex art. 37, comma 3, del DPR 600/1973, con possibili riflessi anche di natura penale.

È quindi fondamentale che le holding statiche adottino comportamenti coerenti con le finalità economiche e societarie dichiarate, evitando di trasformare una pianificazione lecita in uno schema elusivo.

Il Team Noverim Legal STA
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