Composizione negoziata: limiti alla conferma delle misure protettive in assenza di funzionalità al risanamento
- Giugno 30, 2025
- Categoria: Archivio

Le misure protettive previste dagli articoli 18 e seguenti del D.Lgs. 14/2019 (Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza – CCII) si configurano come strumenti funzionali alla conduzione delle trattative nell’ambito della composizione negoziata. Non trattandosi di procedura concorsuale, la composizione negoziata presuppone il coinvolgimento volontario dei creditori in un percorso di risanamento assistito da un esperto terzo nominato ai sensi dell’art. 13 CCII.
L’art. 18, comma 1, stabilisce che dalla pubblicazione dell’istanza e dell’accettazione dell’esperto nel Registro delle imprese, i creditori non possano iniziare o proseguire azioni esecutive o cautelari sui beni funzionali all’attività d’impresa, né acquisire nuovi diritti di prelazione non concordati. Tuttavia, tali effetti protettivi richiedono conferma da parte del tribunale, secondo quanto previsto dall’art. 18, comma 3, CCII.
L’efficacia delle misure è subordinata alla verifica della sussistenza dei presupposti cautelari di cui agli artt. 669-bis e ss. c.p.c.: il fumus boni iuris, inteso in duplice declinazione, quale stato di crisi e/o insolvenza e di sua concreta prospettiva di risanamento, e il periculum in mora, individuato nel rischio di compromissione irreversibile del patrimonio aziendale a causa di iniziative esecutive da parte dei creditori. Il requisito del periculum in mora è da riscontrare (in negativo) accertando che il rischio che la mancata concessione delle misure pregiudicherebbe l’andamento e il buon esito delle trattative.
Ai sensi dell’art. 18, comma 4, CCII, la conferma delle misure inibisce, fino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione dell’istanza, la dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale. Inoltre, come da comma 5, i creditori non possono provocare la risoluzione o la modifica unilaterale dei contratti pendenti, né anticiparne la scadenza per mancati pagamenti anteriori alla pubblicazione.
L’art. 20 CCII estende la sospensione anche a obblighi societari, escludendo l’applicabilità degli artt. 2446, commi 2 e 3, 2447, 2482-bis, commi 4, 5 e 6, e 2482-ter c.c., nonché delle cause di scioglimento ex artt. 2484, comma 1, n. 4 e 2545-duodecies c.c.
La giurisprudenza ha però chiarito che la conferma delle misure non può essere concessa in assenza di un rapporto di funzionalità tra la protezione richiesta e la concreta possibilità di risanamento. Il Tribunale di Rovigo, con decreto del 6 maggio 2025, ha rigettato un’istanza di conferma, ritenendo irrilevante il tentativo di revisione del piano di risanamento, a fronte della persistente indisponibilità dei creditori alla trattativa e della prosecuzione di azioni esecutive.
Nel caso specifico, la società affidava le sue doglianze in un ricorso in cui motivava la propria crisi come effetto del blocco del sistema dei bonus fiscali edilizi, momento genetico che aveva determinato: da un lato, una forte tensione di liquidità a fronte di crediti d’imposta non monetizzabili, dall’altro la revoca degli affidamenti e l’intraprendenza di azioni esecutive da parte dei fornitori e degli istituti finanziari. Per fronteggiare la crisi, la ricorrente aveva predisposto un piano di risanamento su base quinquennale.
L’efficacia di tale manovra risultava sospensivamente condizionata all’esito delle trattative con i creditori e al raggiungimento di accordi omologabili.
La valutazione dell’Esperto, tuttavia, è stata decisamente negativa. Nella propria relazione, egli ha difatti evidenziato numerosi profili critici: tra questi, la dubbia affidabilità dell’impegno finanziario, la necessità di riformulare le proposte contrattuali, l’assenza di un’analisi approfondita sulla convenienza rispetto all’alternativa liquidatoria e la scarsa partecipazione dei principali creditori, che avevano preferito agire per vie esecutive anziché aderire alla trattativa.
In questo contesto, il Tribunale, rigettando l’istanza, ha ritenuto insussistente il presupposto del fumus boni iuris, dissertando in motivazione sulla natura non automatica e tutt’altro che formale delle misure protettive nel quadro della composizione negoziata. Esse non costituiscono, invero, una moratoria concessa ope legis, bensì richiedono un autentico e concreto bilanciamento tra l’interesse dell’impresa al risanamento ed il sacrificio imposto ai creditori. In assenza di una concreta prospettiva di successo delle trattative, tali misure non possono trovare conferma.
La sentenza del Tribunale di Rovigo si inserisce, peraltro, in un filone giurisprudenziale che interpreta in chiave sostanziale il nuovo istituto, valorizzando la credibilità oggettiva del piano di risanamento e la disponibilità dei creditori, piuttosto che la sola formale attivazione del percorso.
Secondo i Tribunali di Padova (2 marzo 2023) e di Piacenza (22 dicembre 2022), la condotta dei creditori, specie se appartenenti alle principali classi, è un elemento esterno decisivo per valutare l’effettiva strumentalità delle misure. La mancanza di disponibilità al confronto è sintomo di assenza del requisito della funzionalità, rendendo le misure sproporzionate rispetto al pregiudizio arrecato.
La ratio del legislatore è chiara: la tutela accordata tramite misure protettive può essere giustificata solo quando è ragionevolmente finalizzata al superamento della crisi, mediante un accordo realistico con i creditori. Diversamente, le misure assumerebbero funzione meramente dilatoria, in contrasto con l’impianto del CCII.
Il Team Noverim Legal STA
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