Autotutela parziale e riduzione delle sanzioni: cosa cambia con il correttivo 2025.
- Giugno 23, 2025
- Categoria: Archivio

La novità dell’art. 19 del Decreto Correttivo
Il Decreto Legislativo 81/2025 (c.d. Decreto correttivo bis), pubblicato in G.U. il 12 giugno 2025 e adottato nell’ambito della riforma fiscale delineata dalla Legge delega 111/2023, ha apportato modifiche rilevanti alla disciplina dell’autotutela, in particolare riguardo all’annullamento parziale degli atti impositivi. Tale forma di autotutela consente all’amministrazione finanziaria di correggere solo alcune parti dell’atto, lasciando intatto il resto, anche se con imposta e sanzioni ridotte.
Al proposito, il principale contributo apportato dalla riforma, cristallizzato all’art. 19 D.Lgs. 81/2025, si realizza nell’evoluzione dell’art. 17 bis del D.Lgs. 472/97, introdotto nel 2023 in tema di revisione del sistema sanzionatorio amministrativo, attraverso l’inserimento del comma 1 bis. Nello specifico, la novellata norma consente ora l’acquiescenza con riduzione delle sanzioni anche su atti già definitivi, purché l’istanza sia stata presentata entro i termini del ricorso. Restano nondimeno escluse le istanze tardive, anche quando riguardino vizi manifesti.
Nell’ambizione, si tratterebbe di un rimedio adottato per agevolare una più consistente forma di compliance da parte di quei contribuenti che non si sono opposti in via giurisdizionale alla pretesa originaria del Fisco. Nella sostanza, invece, il rimedio in oggetto parrebbe maggiormente assumere la consistenza di un pallido palliativo, incapace di aprirsi in toto alla circostanza in cui l’istanza di autotutela inerisca ad atti divenuti definitivi.
L’ampliamento del campo di applicazione degli istituti di definizione agevolata: sviluppo del quadro normativo
Un tema altamente dibattuto riguarda invero la possibilità, per il contribuente che riceve un provvedimento parziale, di prestare acquiescenza e godere della riduzione delle sanzioni, anche se sono scaduti i termini per l’impugnazione previsti dal D.Lgs. 218/1997. Per una generale comprensione del binomio tra annullamento parziale e acquiescenza dell’atto, con particolare attenzione al punto di flessione che inerisce alle premialità sanzionatorie, risulta utile ripercorrerne l’evoluzione del quadro normativo.
Originariamente, la normativa richiedeva che il pagamento dell’imposta (con sanzioni ridotte) avvenisse entro i termini per il ricorso. Questa impostazione non contemplava l’acquiescenza successiva a una revisione in autotutela, generando una disparità di trattamento e, di fatto, scoraggiando i versamenti volontari in assenza di benefici sanzionatori.
Per rimediare, già nel 2015 fu introdotta una norma (art. 2-quater, L. 564/94, comma 1-sexies) che consentiva la definizione agevolata in caso di annullamento parziale, a patto che il contribuente rinunciasse al ricorso e che l’atto non fosse definitivo. La riforma del 2023, inserendo l’art. 17-bis nel D.Lgs. 472/1997, ha ribadito questo impianto, determinando da un lato l’estensione del meccanismo di definizione agevolata delle sanzioni anche al caso di autotutela parziale, ma lasciando dall’altro pressoché invariato l’impeto di adempimento spontaneo da parte del contribuente, in assenza di un’effettiva gratificazione di carattere amministrativo-fiscale quale poteva essere un eventuale provvedimento di annullamento parziale sulla parte dell’atto impositivo viziata da errori manifesti.
Sul punto, il correttivo introdotto dall’art. 19 del D.Lgs. 81/2025 è invece capace di aprire un ricercato ventaglio di benevolenza nei confronti dei contribuenti, ancorché con riserve di discriminazione. Come anticipato, possono, difatti, godere della riduzione delle sanzioni nella misura di un terzo solo quei contribuenti che presentano istanza di autotutela nei termini indicati per la proposizione del ricorso. In merito va precisato che, anche in caso di accoglimento parziale dell’istanza, i termini per il ricorso restano invariati: il contribuente ha sessanta giorni dalla notifica per impugnare l’atto. Se l’annullamento parziale avviene oltre tale scadenza, la parte residua dell’atto diventa definitiva e può essere riscossa. In caso di pagamento eccessivo, il contribuente ha diritto al rimborso.
L’acquiescenza ad una pretesa ridimensionata in autotutela obbligatoria – profili di criticità
L’annullamento parziale è previsto esplicitamente sia nell’ambito dell’autotutela facoltativa sia nell’alveo dell’autotutela obbligatoria. Entrambe le norme in oggetto, rispettivamente del 10 quinquies e del 10 quater della L. 212/2000, riportano, infatti, expressis verbis, che “l’amministrazione finanziaria può comunque procedere all’annullamento, in tutto o in parte, di atti di imposizione, ovvero alla rinuncia all’imposizione, senza necessità di istanza di parte, anche in pendenza di giudizio o in caso di atti definitivi, in presenza di una illegittimità o dell’infondatezza dell’atto o dell’imposizione”. Naturalmente, i presupposti per l’esercizio dell’autotutela si diversificano a seconda delle situazioni di manifesta illegittimità dell’atto o dell’imposizione, ma è con peculiare riguardo al caso delle contestazioni su cui gravano errori evidenti che si profilano i dubbi più persistenti sulla funzionalità della normativa correttiva appena esaminata.
La non operatività del beneficio di cui al comma 1 bis dell’art. 17 bis del D.Lgs. 472/97 per le istanze di autotutela tardive, nemmeno allorquando si rappresentino vizi manifesti, quali gli errori materiali ed oggettivi che presuppongono l’esercizio di autotutela obbligatoria, non trova adeguata giustificazione e sembra penalizzare i contribuenti che, pur non avendo impugnato l’atto, hanno segnalato in autotutela solo errori parziali, confidando nella correttezza amministrativa. Nel caso dell’autotutela facoltativa, la tardività può forse giustificare la mancata agevolazione. Tuttavia, in presenza di errori evidenti e gravi, la rigidità attuale rischia di disincentivare comportamenti virtuosi da parte dei contribuenti, dal momento che, in presenza di un obbligo di annullamento parziale, il contribuente sarà impossibilitato a beneficiare della riduzione delle sanzioni allorquando l’istanza, benché fuori tempo utile per il ricorso, sia stata comunque presentata entro un anno dalla definitività dell’atto per mancata impugnazione.
Una simile limitazione appare peraltro in contrasto con la ratio sottesa alla normativa dell’autotutela obbligatoria medesima, il cui esercizio incontra il rispetto del limite temporale di un anno da quando l’atto viziato sia divenuto definitivo. In un’ottica costituzionalmente conforme, essa risponderebbe all’esigenza di determinare un arco temporale massimo entro il quale il contribuente possa sollecitare l’esercizio obbligatorio dell’autotutela. Superato tale limite, l’atto, seppur viziato da errori manifesti, raggiunge un livello di “consolidamento” tale da escludere la necessità di emendarlo in autotutela.
Talché, alla luce di quanto detto, sarebbe auspicabile una maggiore apertura verso chi dimostra volontà collaborativa. Una soluzione equa potrebbe essere quella di aderire alla tempistica stabilita dall’art. 10 quater ammettendo così la riduzione delle sanzioni anche per istanze presentate entro un anno dalla notifica dell’atto e concedendo sessanta giorni dalla risposta dell’Amministrazione per effettuare il pagamento agevolato.
Il Team Noverim Legal STA
(riproduzione riservata)
Ricevi gli approfondimenti direttamente nella tua mail!
Iscriviti alla newsletter!
Contatta i Professionisti NoverimLegal