Il superbonus 110%
- Giugno 10, 2025
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Annullamento della Comunicazione di Opzione (Superbonus e Crediti Edilizi): Strategie di Tutela Giurisdizionale e Impugnabilità degli Atti di "Scarto"
Nel complesso panorama delle agevolazioni fiscali edilizie, in particolare quelle relative al “Superbonus” (D.L. 34/2020, art. 119) e ad altri bonus elencati nell’art. 121 del medesimo decreto, i contribuenti si trovano spesso a navigare in acque turbolente, specialmente in caso di annullamento o “scarto” delle comunicazioni di opzione per lo sconto in fattura o la cessione del credito. Queste situazioni, che impediscono l’utilizzo del beneficio fiscale, sollevano questioni giuridiche di grande rilevanza e complessità, che richiedono un’attenta analisi e una strategia di difesa mirata.
L’Agenzia delle Entrate, in base all’art. 122-bis del D.L. 34/2020, ha la facoltà di sospendere e successivamente annullare le comunicazioni di opzione che presentano “profili di rischio”. Tali profili possono riguardare la coerenza dei dati con l’Anagrafe tributaria, i dati relativi ai crediti e ai soggetti coinvolti nelle operazioni, o analoghe cessioni precedenti. Quando la comunicazione viene annullata (“scartata”), nessun credito d’imposta compare nel cassetto fiscale del fornitore o del cessionario. La questione cruciale diventa quindi come tutelare il contribuente (beneficiario della detrazione) e l’impresa che ha effettuato i lavori (cessionaria o fornitore che ha applicato lo sconto).
1. L'Impugnabilità della "Comunicazione di Scarto": Una Questione Non Più Controvertibile
Per molto tempo, la natura delle comunicazioni di annullamento dell’opzione, comunemente definite “comunicazioni di scarto”, ha sollevato dubbi sulla loro impugnabilità. Questo perché non rientravano espressamente nell’elenco tassativo degli atti impugnabili delineato dall’art. 19, comma 1, del D.Lgs. 546/92.
Tuttavia, la giurisprudenza più recente e consolidata, in un’ottica di interpretazione estensiva e costituzionalmente orientata (Art. 24 e 113 Cost.), ha chiarito che l’elenco dell’art. 19 non è preclusivo all’impugnazione di atti che, pur non essendo nominativamente indicati, esprimono una compiuta e definita pretesa tributaria o incidono sulla sfera giuridica del contribuente con effetti lesivi.
In particolare, le comunicazioni di “scarto” sono ormai assimilabili a un “diniego di agevolazione” (previsto dall’art. 19, comma 1, lett. h) del D.Lgs. 546/92). Impedendo il perfezionamento della procedura per accedere ai benefici fiscali, esse causano una sostanziale perdita della fruibilità dell’agevolazione. La soluzione più prudente, infatti, è quella di impugnare direttamente in Corte tributaria la ricevuta generata dal sistema dell’Agenzia delle Entrate entro sessanta giorni da quando è stata messa a disposizione del contribuente.
2. La Questione della Motivazione e la Natura degli Atti Automatici
Un aspetto critico delle comunicazioni di “scarto” è spesso la loro carenza di motivazione. Spesso si limitano a un richiamo generico all’art. 122-bis del D.L. 34/2020, senza specificare i presupposti, i mezzi di prova e le ragioni giuridiche alla base dell’annullamento, in violazione dell’art. 7 della Legge 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente).
Le Corti di Giustizia Tributaria hanno ripetutamente sottolineato che gli esiti di elaborazioni elettroniche, seppur automatizzate, devono sottostare all’obbligo motivazionale, a pena di annullabilità. In assenza di una motivazione adeguata, l’atto di “scarto” può essere dichiarato inefficace, e l’Amministrazione finanziaria ha il dovere di pronunciarsi formalmente sulla richiesta del contribuente con un atto motivato. Non è ammessa una successiva integrazione tardiva della motivazione in sede processuale per sanare una motivazione carente ab origine.
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